“Confirmation” e “La giornata contro la violenza sulle donne” – Una riflessione

Oggi e’ la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donneQuesta ricorrenza è stata istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999, la data è stata scelta per ricordare il brutale assassinio delle tre sorelle Mirabal, avvenuto il 25 novembre 1960, tre donne coraggiose che si erano opposte al dittatore dominicano Trujillo.
Scoprite la storia di queste donne che non si sono arrese e alle quali dobbiamo questa giornata, dalle parole della figlia/nipote delle tre donne.

Huffington Post

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In questi giorni SKY ha rimandato in onda e visibile a tutti gli abbonati (ad inizio ottobre era solo per i possessori del pacchetto Cinema) “Confirmation” film per la tv, political legal drama targato HBO (andato in onda in USA il 16 aprile)

Con Kerry Washington (Scandal) protagonista e produttrice, affiancata da Greg Kinnear (Rake) e Wendell Pierce (The Wire) nei ruoli principali. Il film, basato su una storia vera, è stato scritto da Susannah Grant, sceneggiatrice di Erin Brockovich e diretto da Rick Famuyiwa, vede tra gli altri interpreti tantissimi facce note ai telefilm addicted come Zoe-Lister-Jones (Life in pieces), Alison Wright (The Americans), Erika Jane Christensen (Parenthood), Bill Irwin (Law and order: SVU), Eric Stonestreet (Modern Family), Treat Williams (Everwood), Grace Gummer (Mr Robot) Jeffrey Whrigt (Westworld) e la cantante Jennifer Hudson.

 

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Il film è stato voluto fortemente da Kerry Washington che, quattordicenne all’epoca dei fatti, ha sentito l’urgenza di raccontare un processo che ha “cambiato il modo in cui parliamo di molestie sulle donne e ha spinto alla creazione di leggi anti-molestie”.  L’attrice veste i panni dell’avvocato di colore Anita Hill, donna vulnerabile ma determinata, che nel 1991 accusò di molestie sessuali il suo ex capo Clarence Thomas appena nominato giudice della Corte Suprema,
La maggior parte dell’azione è concentrata nell’aula della Commissione giustizia al Senato dove si tengono le audizioni del giudice Thomas e della ‘grande accusatrice‘ Hill, che racconta nei dettagli l’oggetto delle molestie, avvenute, a suo dire, durante gli anni in cui lei lavorò per lui. Un ruolo chiave nel film è affidato a Jennifer Hudson, nel ruolo di Angela Wright, altra accusatrice di Thomas, citata in giudizio ma mai chiamata a testimoniare davanti alla commissione Giustizia.
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Il dibattito sulla vicenda è stato a lungo sotto i riflettori negli Stati Uniti monopolizzando per giorni interi con dirette live le reti nazionali (in Italia non ci fu la stessa attenzione mediatica, del resto era qualcosa di lontano da noi si potrebbe obiettare, ma solo 3 anni dopo tutte le nostre reti erano concentrate sul caso OJ Simpson, si potrebbe rispondere, altro caso di violenza sulle donne) toccando temi come il pregiudizio di genere e la questione razziale, nonostante i due fossero di colore. Dietro a tutto questo le solite manovre della politica, che si muove sempre per convenienza, ora difendendo la donna, ora screditandola (accusa di erotomania).
Il film ha un finale aperto e senza giudizi, nonostante la centralità del punto di vista della Hill.

Aldilà della bravura nella recitazione, dell’eccellente lavoro di sceneggiatura e regia e dell’accuratezza della trasposizione il film porta sicuramente lo spettatore (ma forse sarebbe meglio dire la spettatrice, più sensibile all’argomento) ad alcune riflessioni.

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La storia si svolge nel 1991, i fatti erano avvenuti tra il 1981 e il 1982, in uno stato molto conservatore (per non dire arretrato mentalmente e maschilista), lei era di colore (ma anche lui), la giustizia, la mentalità, la morale, l’attenzione mediatica erano differenti. Guardando il film oggi, nel 2016, ci sembra tutto così lontano. Ma è davvero cosi? Perché a ben vedere a me sembra che poco sia cambiato dal 1991.
E’ vero come dice la locandina che serve una voce per cambiare la storia ma poi?
Poi che succede a quella voce che prova a farsi sentire? Che trova il coraggio di farsi avanti? Prima di tutto non viene creduta, a prescindere. Perché donna (non datemi della femminista perché questa è la prima discriminante, sempre, anche nel nostro bel paese). Viene schernita, accusata per non aver detto nulla prima (e poco importa se la motivazione è la paura) accusata di “essersela cercata” (quante volte lo sentiamo dire oggi) oppure nel suo caso hanno inventato che avesse un disturbo psichiatrico. In tutto questo lei era giudicata (o quanto meno ascoltata) da una commissione di suoi pari (Se vogliamo considerare pari di una donna trentacinquenne di colore una decina di uomini, tutti oltre i 50 anni, bianchi) e basta guardare la differenza di tempo per la prima deposizione e le domande, 1h lui più di 8h lei, per capire quanto fossero imparziali. Queste cose mi fanno incazzare perché penso che anche oggi quando una donna subisce una violenza, verbale o fisica, i primi “giudici” pronti a sparare a zero sono proprio gli uomini, ma che ne sanno loro!
Ma avete mai pensato alle conseguenze che subisce una donna che accusa? Da vittima diventa colpevole, da accusatrice ad accusata. Anni di duro lavoro, integrità, sacrifici buttati al vento, tutto messo in discussione, passato presente e futuro. Ne vale la pena? Razionalmente, NO.
E allora “scusate tutte quelle donne codarde che non denunciano, non lasciano, non si espongono e preferiscono tenersi tutto dentro” (ovviamente è ironico, meglio specificare) perché non ce la fanno ad affrontare tutto pubblicamente (la Hill era avvocato, docente universitaria, sostenuta da amici avvocati e giudici, e non ce l’ha fatta a reggere tutto… pensate ad una casalinga, per esempio) e poi magari finisco ammazzate (come succede comunque anche a quelle che trovano il coraggio). E’ colpa loro, giusto?

Alla fine ha ragione Anita quando dice: “Non vogliono la verità. Vogliono vincere”

Lei torna ad insegnare, lui viene eletto giudice della Corte Suprema. Come se niente fosse successo.
Cosa c’entra un film che narra qualcosa accaduto 25 anni fa con la giornata mondiale contro la violenza sulle donne che si celebra oggi? Forse niente. O forse può servire come spunto di riflessione ed azione (senza aspettare che ci scappi ancora la morta), non solo in questa giornata in cui si ricordano le vittime di violenza. Dobbiamo sempre tenere a mente che la prima violenza è quella verbale e psicologica e che troppo spesso sfocia in quella fisica.
Ogni tre giorni in Italia una donna muore vittima di violenza. Il dato, drammatico, è confermato dall’Istat. Solo nel 2016 sono state 116 in tutto le donne vittime di omicidio volontario, come Elisabeth di Seveso, ultima in ordine cronologico (notizia di 2 giorni fa). Uccisa dal marito, davanti al figlio, perché voleva il divorzio, una donna che aveva trovato il coraggio di far sentire la sua voce. Voce che è stata messa subito a tacere. Per sempre.
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