EQUALIZER 2 – Senza perdono – Recensione

Disclaimer: Tutte le immagini usate, come anche il trailer del film, sono di proprietà della Columbia Pictures.

“Ci sono due tipi di dolore in questo mondo: il dolore che fa male e il dolore che ti cambia

” (R. M.)

Certi action movie fanno dei giri immensi e poi ritornano sotto forma di sequel che, spesso, constano di ingranaggi ripetitivi. Sorvolando riguardo le ultime due parole aggiunte al titolo originale, che sembrano quasi rievocare appellativi degni di improbabili fiction, The equalizer 2- Senza perdono, seguito di The Equalizer- Il vendicatore (2014) rischia, in parte, l’effetto “minestra riscaldata”.

Nulla di nuovo sotto il sole e la prevedibilità della trama non giova al lungometraggio, che non regge il confronto con The equalizer-Il vendicatore. Il fuoco della vendetta primeggia, ma siamo lontani anni luce dai livelli raggiunti ad esempio, in quanto a pathos e coinvolgimento dello spettatore, dal “man on fireJohn W. Creasy.

Denzel Washington veste nuovamente i panni dell’ex agente della Cia, Robert McCall, un eroe umanizzato, forse fino all’esasperazione. Dopo aver salvato una giovane prostituta da una banda di spietati malavitosi russi nel film che precede quello in questione, il vendicatore si rifugia in un quartiere popolare di Boston. Egli è, ora, un autista di taxi partecipe delle gioie e dei dolori dei suoi clienti e, come sempre, Denzel è in grado di trasmettere l’empatia necessaria.

Al vuoto causato dalla mancanza della moglie si aggiunge il dolore per la perdita dell’amica più cara Susan Plummer (Melissa Leo), un’investigatrice attirata in una trappola, che le costerà la vita. La rabbia diviene incontenibile. E si sa dove c’è MacCall c’è giustizia, capacità di ricostruire i fatti, si insomma di rimettere a posto ogni tassello per poi sottomettere l’avversario nel solito duello finale, in cui le scene d’azione la fanno da padrona.

Non si può negare all’eccezionale interprete, col suo vigoroso senso di appartenenza, il merito di reggere quasi due ore di film sulle proprie spalle e, inoltre, il pregio di infondere quantomeno una speranza che, rende meno utopici quei modelli di integrazione socio-culturali cui si potrebbe aspirare.
Avrebbe potuto, però, il percorso relativo al protagonista del thriller diretto da Antoine Fuqua, regista di entrambe le pellicole aventi come protagonista McCcall, subire un’evoluzione differente?

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