Stefano Benni, la bottiglia magica, la recensione

Chi ha detto che non si possa fare critica sociale e, nello stesso tempo, raccontare una storia che, solo formalmente, sembra una storia per ragazzi? La forza narrativa di Benni non ha confini e utilizza, oltre alla sua ben nota capacità narrativa, anche il linguaggio dei fumetti. Parola scritta e immagine diventano un tutt’uno che trascina il lettore dalla prima all’ultima pagina, strappandogli talvolta delle belle risate ma anche portandolo a fare delle significative riflessioni.

La storia è molto semplice: il protagonista si chiama Pin ed è il figlio di un pescatore di nome Jep. La sua passione è fare passeggiate sul mare e disegni sulla sabbia. Non gli importa se questi verranno spazzati via dalle onde, anzi, per Pin sta proprio in questo la loro bellezza. Durante un’escursione sulla spiaggia il ragazzo trova una particolare bottiglia. Dentro non c’è la consueta lettera come si conviene ma, essendo una bottiglia magica, riesce a mostrargli direttamente il suo mittente. Si tratta di Alina, rinchiusa  Villa Hapatia, un collegio hi-tech, con la sola compagnia di un gatto geneticamente modificato che sogna di poter miagolare.

E’ tutto qui? Non proprio.
Pin dovrà affrontare mille e più peripezie per arrivare a destinazione: sarà trattato come un immigrato clandestino qualunque, messo in prigione e in attesa di essere riportato al suo villaggio – vi suona familiare come cosa? –  e Alina riuscirà a fuggire dalla stanza in cui era confinata mettendo a repentaglio la propria vita.
Se nella recensione di Cari Mostri avevo insinuato che l’autore fosse informato delle nuove tendenze tra gli adolescenti, con questo libroviene confermato più volte. Il collegio di Villa Hapatia è una scuola che dovrebbe forgiare persone omologate: tutte ascoltano Justin Bieber o altre boy band create appositamente, ci sono corsi di shopping, di trucco tenute dalla professoressa Queen Fascion. Alina ovviamente non è una studentessa modello, vuole fare la scrittrice e si rifiuta di essere omologata. Benni troverà anche il modo di fare il suo personalissimo tributo alla memoria di David Bowie, citando in maniera neanche troppo velata il bellissimo film Labyrinth dove lui era protagonista.
Alla fine Pin e Alina si incontrano e dovranno fronteggiare la parte peggiore di se stessi. Come va a finire? Non ve lo dico. Dovrete leggere il libro.
Ho letto diverse recensioni in cui lamentano del fatto che ha usato un linguaggio tipico della narrazione per ragazzi. Forse per qualcuno potrebbe costituire un problema ma non per me. Perché una volta che si va oltre, si capisce che nascoste tra le righe ci sono delle vere e proprie bordate che l’autore fa contro certi disastri della società odierna. Non risparmia proprio nessuno.

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