Tutto in una notte – John Landis – Recensione

La bella Diana piomba sul cofano dell’ingegnere Ed Okin, che si ritrova coinvolto in una sorta di notte brava a Los Angeles. Un intrigo internazionale. Una notte di non ordinaria follia. Un fuori orario, insomma.
L’incontro imprevisto con la bionda sconosciuta spezza la monotonia, che intacca la sfera pubblica e privata dell’insonne Ed, alle prese con una moglie fedifraga, e genera un susseguirsi di accadimenti che, a volte, si traducono in sequenze forti e delitti efferati. Diana è rea di aver contrabbandato, dietro ricompensa, smeraldi, che valgono una fortuna e precedentemente incastonati nello scettro di un famoso re persiano dell’antichità; proprio per questo motivo, la donna, entra nel mirino di sicari iraniani, volti all’inseguimento delle pietre verdi.

Interessante risulta l’evoluzione interiore del protagonista, in principio affetto da apatia: si lascia plasmare, pian piano dagli eventi, finché ironia e coraggio prendono il sopravvento, soprattutto nell’epilogo, quando emerge una natura quasi eroica del personaggio.

Tutto in una notte”, probabilmente, paga lo scotto dei raffronti con altre più rinomate opere cinematografiche di John Landis, ma si configura come un cult metà anni ‘80 di tutto rispetto. Ritmo e adrenalina si fondono sempre più in un impianto sceneggiativo ricco d’azione e sorretto da una coppia di professionisti costituita da Jeff Goldblum e Michelle Pfeiffer; per non parlare, poi, delle brevi apparizioni di interpreti a dir poco noti al grande pubblico quali, ad esempio, Irene Papas, David Bowie e Dan Aykroyd.

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