Doctor Who – 10×06/10×07/10×08 – La trilogia sul totalitarismo

E’ terminata questo sabato una terna di episodi incentrati su una misteriosa razza aliena, i Monaci, che riprendevano, in parte, le sembianze di quelli visti ne Le fiamme di Pompei.
La somiglianza non era solo nell’aspetto, tuttavia prima di continuare vi avvisiamo che da qui in avanti saranno presenti diversi SPOILER!

Il primo episodio, Extremis, iniziava in maniera folle, con il Vaticano e il papa i quali chiedono aiuto al Dottore per fermare un misterioso libro, Veritas, che spinge al suicidio chiunque.

E poi terminava in maniera ancora più irrazionale, in quanto tutto si rivelava essere una simulazione creata dai suddetti Monaci per sottomettere i terrestri. Nella stessa episodia abbiamo anche avuto modo finalmente di vedere cosa, o meglio, chi è contenuto nel caveau ovvero Missy. Tutto in un gioco di flashback.
E questo flashback è anche rivelatorio di una cosa. Missy ha deciso di cambiare, di redimersi.
Una svolta incredibile per l’amico/nemico del Doctor. Non possiamo ancora essere sicure che il Master stia andando davvero in quella direzione. E’ da sempre imprevedibile, tuttavia gli indizi sono tanti e questa volta Missy pare sincera.
Alla fine dell’episodio il Doctor pare persino considerare l’idea che potrebbe usare proprio la sua vecchia amica/nemica come ultima risorsa contro i Monaci, anche se poi gli eventi successivi smentiranno questa idea.

C’è però un fattore importante. Quando il Dottore nell’ultimo episodio della trilogia, parla a lungo con Missy lei gli propone una soluzione tremenda. Lui dice che lei non è cambiata proprio perché la soluzione è tremenda. No Doctor, ci tocca dirti che ti sbagli.

Anche se noi preferiamo la tua risoluzione dei problemi ti ricordiamo che il tuo amico Jack agirebbe esattamente allo stesso modo, se non in maniera peggiore. Ricordarsi l’episodio delle fate della prima stagione di Torchwood o peggio ancora il finale della terza dello stesso spin off.
Ma facciamo un passo indietro.
In Pyramid at the End of the World un evento monitorato dai monaci, ovvero un errore umano in un laboratorio scientifico, rischia di far precipitare le Terra nel caos e di costringere le autorità mondiali a chiedere aiuto, con “amore”, ai Monaci, proprio come vogliono questi ultimi.

Questa storia del consenso vero va approfondita bene, tuttavia ci teniamo a fare una considerazione. Sappiamo che qualcuno vedendo che l’errore nasce dalla scienza ha visto il tutto come un attacco alla stessa e alla tecnologia. Davvero? Parliamo della stessa serie che ha per protagonista un alieno super tecnologico che odia la guerra e ha sempre cercato di usare la tecnologia per il bene?
La vogliamo finire di vedere scienza e tecnologia come demoni? Siamo noi essere umani a renderle buone o cattive. NOI.
Infatti ciò che poteva causare la fine del mondo e la cancellazione di ogni essere vivente è scaturito da un errore umano. Quello

scienziato sapeva bene che responsabilità aveva sulle spalle, eppure è andato a bere con gli amici, ed è tornato al lavoro con i postumi di una sbornia in corso. Se fosse rimasto a casa invece di andare al lavoro, come la sua collega aveva suggerito, il disastro non sarebbe accaduto. Un errore umano. Qui di tecnologico non c’è assolutamente nulla!
Fatta questa doverosa precisazione torniamo alla storia del consenso che deve essere fatto per motivi legati all’amore.
Questa storia del consenso vero ci ha fatto ricordare un piccolo libro per adolescenti, Due ragazzi e un computer, in cui anche lì il consenso ad un dittatura tecnologica doveva essere vero, non a tutti i costi e dove il dittatore, il pc, ci teneva molto a farsi amare dagli esseri umani.

Al di là dei riferimenti fantascientifici, non possiamo fare a meno di notare come diversi dittatori reali ci tenessero a farsi amare dalla gente. Nerone era così. Cesare e Augusto erano così. Napoleone era così. Persino Hitler, nella sua follia, ci teneva a farsi amare. E si dice che andasse in estasi quando la folla lo osannava.
Perché questo?
Forse perché con l’amore è più facile dominare le persone.
Bill crolla perché teme di perdere il Dottore e dona un consenso puro ai Monaci che, in a Lie of the Land, l’ultimo episodio della trilogia, modificano la storia a loro piacimento, spacciandosi per amici da sempre dell’umanità.
E anche qui abbiamo un riferimento molto reale. Quante dittature hanno modificato la storia a loro piacimento per ottenere più consenso?
Il comunismo, il franchismo, il fascismo, il nazismo. Tutte le dittature hanno fatto così.

Hitler addirittura cercò le origini della sua follia antisemita in una spedizione di alpini in medio-oriente per ottenere le prove della presunta superiorità della razza ariana.
Lie of the Land, il primo episodio della trilogia, si apre con una piena citazione a V per vendetta, in quanto una donna viene catturata perché tenta di dire la verità alle persone sui Monaci, ovvero che loro si sono insediati sulla Terra da pochi mesi e non da sempre come vorrebbero far credere. In V per Vendetta la scena era pressoché identica con la differenza che lì erano i genitori della protagonista a venire portati via.

Modificare la storia a proprio piacimento appunto.
Questo è un altro sistema per rendere ancora più effettiva la loro dominazione.
Come dirà Nardole: “Per quanto la situazione sia brutta, se la gente crede che sia sempre stato così, se ne fa una ragione. Il 90% del lavoro è fatto.”
Le citazioni a Orwell nell’episodio sono fin troppo evidenti a partire dall’estetica del mondo dominato. Bill assiste sgomenta alla cattura e racconta di aver trovato un modo per non dimenticare la realtà: crede ciecamente nel fatto che il Dottore stia studiando un piano capace di rendere liberi gli esseri umani e si affida alle conversazioni con la madre. Tenete presente questo punto perché sarà essenziale per la risoluzione della situazione.
Nardole si mostra un personaggio davvero interessante e rivela a Bill che, non solo anche lui aveva pensato di rintracciare il Dottore, ma che ha trovato l’ubicazione precisa.
Si trova in esilio su una nave al largo dell’Inghilterra, costretto a produrre video di propaganda a favore dei Monaci, e l’unico momento di contatto con la terra ferma è quando devono fare rifornimento di carburante e vettovaglie.
Nardole e Bill si intrufolano nella nave e riescono ad arrivare al Dottore.
Lo scambio di parole tra lei e l’alieno con due cuori è meraviglioso. Lei si affida a lui, con la fiducia di un bambino e la speranza che non sia vero che il Doctor si è venduto ai dominatori.
E Twelve invece, mette alla prova Bill, facendole credere che l’umanità ha perso la sua unica speranza di salvezza. Bill, vedendo franare uno dei punti cardini che le permetteva di sopravvivere in quel mondo, gli spara.
E qui la grandissima trollata di Moffat: il Dottore usa questo escamotage, una finta rigenerazione, per curare gli occhi e rivelare a Bill che aveva mentito, perché appunto, voleva vedere se fosse stata in grado di resistere alle manipolazioni mentali dei Monaci, al loro controllo mentale.
E fa esattamente quello che aveva in mente, ciò che vi abbiamo detto a inizio articolo: chiede aiuto a Missy che, traendo le conclusioni in maniera fredda e razionale, arriva a suggerire al Dottore di eliminare il collegamento principale tra esseri umani e dominatori: Bill.
Naturalmente questa è un’opzione inaccettabile per il nostro time lord che invece escogita un piano: arrivare al quartier generale dei Monaci, il punto principale da cui si diramano tutte le false notizie e, da lì, trasmettere immagini della verità. Le cose però non sono così semplici.
Per arrivare al quartier generale devono evitare di finire sotto il controllo mentale dei Monaci e più si avvicineranno, più diventerà più forte. Così il Dottore decide di usare delle cuffie che interferiscano e tutto questo non può non rimandare a Fringe e un episodio specifico della seconda stagione. Tuttavia non sarà il solo riferimento alla serie di Abrams.
Ce ne sarà un altro, ben più forte.
Il Doctor vorrebbe sacrificarsi al posto di Bill, intromettendosi tra il Monaco e il controllo del mondo ma viene respinto in malo modo. La companion capisce che solo lei può salvare il mondo a costo di perdere la vita e che il Dottore non glielo avrebbe mai permesso. Per cui lo lega e si connette assieme al Monaco. Per trasmettere la verità agli esseri umani Bill si aggrappa alla madre, alle foto che il Dottore aveva scattato nel passato e le aveva regalato. “Guarda lì. Tutte le foto che ti ho dato! Credevo di essere semplicemente gentile, ma stavo salvando il mondo.”

Il pensiero, il ricordo della madre è puro, incontaminato e contiene un barlume di libertà che è esattamente quello che serve a Bill, e al resto dell’umanità, per rendersi conto di ciò che stava accadendo davvero e per liberarsi per sempre dai dominatori.
Sappiamo di sembrare fissate ma il meccanismo che Bill ha usato, aggrapparsi all’idea della madre, non ci sembra poi così differente da quello che Olivia Dunham ha usato per liberarsi dei falsi ricordi della sua versione alternativa e, di fatto, tornare alla sua vera vita. Ella, infatti, si aggrappò al ricordo dell’amato Peter Bishop per non perdersi.
Moffat, se prima avevamo dei sospetti in proposito, ora, con questa citazione ci siamo levati il dubbio che anche tu abbia visto Fringe esattamente come noi.
Anche perché il modo in cui gli alieni dominano la Terra riprende smaccatamente la dominazione osservica della serie di JJ.
Quante alle autocitazioni non possiamo non farne notare due.
La prima riprende il finale di The Rings of Akhaten, in particolare la foglia di Clara. In detto episodio, come in questo, è la companion che riesce a risolvere il tutto, solo che ai tempi il tutto risultò un po’ forzato perché sembrava che una donna umana avesse più potere di un semidio o quasi come il Dottore, qui, invece è reso tutto meglio e Bill ne esce alla grande.
E a proposito di Bill. La seconda autocitazione è ai primi due episodi in cui appare River, a quando lei muore per il Dottore, immobilizzandolo: la giovane companion fa esattamente la stessa cosa.
Sappiamo che alcuni non hanno gradito, noi invece sì. E’ stata una bella scelta perché Bill ha, in qualche modo, la forza di River. Il suo coraggio di sfidare tutte le regole precostituite per fare ciò che ritiene giusto.
In conclusione vorremmo soffermarci sul messaggio della trilogia. I totalitarismi in cui l’umanità sembra cascare ciclicamente, nonostante nel momento clou riesca a trovare la forza di fare la cosa giusta.
Sia nel telefilm che nella realtà c’è questo atroce dubbio che gli esseri umani paiono non imparare mai dai propri errori, dimenticandosi in fretta quanto hanno patito nei periodi bui e lamentandosi per delle piccole piccolezze nella democrazia.
E’ così?
Sì e no.
E’ vero. C’è chi riesce a chiudere occhi, orecchie e bocca alle persone, trovando il modo di manipolarle.


Ma è altrettanto vero che c’è chi riesce a non farsi fregare. Chi ha recepito il messaggio. E siamo fiduciose del fatto che nella nostra realtà siano più di una su un miliardo.
Altrimenti tante persone non sarebbero scese in piazza, ovunque, per manifestare per la salvaguardia della Terra.
Il messaggio del Doctor è chiaro: cercare il bene e, nel contempo, aiutare gli altri ad aprire gli occhi perché la dittatura può essere dietro l’angolo.
Citando la Peste di Albert Camus:
La peste avrebbe svegliato i suoi topi per mandarli a morire in una città felice.

Recensione redatta da

Simona Ingrassia e Silvia Azzaroli

 

La Trilogia sul Totalitarismo: riflessioni sparse

Posto che il riassunto degli episodi è già stato magistralmente fatto da Silvia e Simona, mi avvio con alcune riflessioni sparse che sono scaturite dopo la visione di questa insolita trilogia.
Già dal trailer, il primo degli episodi – Extremis – prometteva di essere qualcosa di molto particolare. Avevamo un Dottore senza vista e ci veniva presentato un libro che avrebbe indotto al suicidio chiunque lo avesse letto. Un buon espediente narrativo per allungare la narrazione e per creare più difficoltà di quante ce ne sarebbero state se il Dottore fosse stato in piena forma. Un espediente nell’espediente, dal momento che l’intero episodio, tranne i primi e gli ultimi secondi, si basa di fatto su qualcosa che non è mai avvenuto realmente.

Qualcuno dei detrattori al termine della visione ha ostentato un “non si capisce nulla” che a volte mi fa ricredere sull’attenzione reale che viene dedicata alla visione dell’episodio, eppure era sufficiente fare un semplice paragone con un precedente molto simile per capire tutto senza troppe difficoltà. Viaggio al centro del Tardis, infatti, era strutturato su un meccanismo molto simile, in cui quasi l’intero arco narrativo di fatto veniva azzerato, annullando gli avvenimenti. Ovviamente, seppur simili strutturalmente, gli episodi sono parecchio diversi quanto a fatti avvenuti. Così alla fine veniamo a sapere che ogni cosa successa sotto ai nostri occhi non è stata altro che una simulazione da parte di una civiltà aliena per poter conoscere ed invadere meglio il nostro mondo. Che carini, praticamente han fatto prima le prove.

Di tutto l’episodio due sono stati i momenti che mi sono rimasti maggiormente impressi: il primo è stato l’esecuzione mancata di Missy. Dove collocarla esattamente? In quale punto della linea temporale a noi conosciuta? Qui Moffat tace. Le quotazioni che davano Missy all’interno del caveau erano in una buona percentuale, c’è quindi il vago sospetto che il vero mistero sia ancora da rivelare, ovvero gli eventi che hanno condotto a quell’isola di esecuzioni.

Il secondo momento è una frase, pronunciata con tono così accorato che è stato impossibile non avere il batticuore.

“É come se ad un certo punto Super Mario si cancellasse dal gioco, perché non ne può più di morire.”

Una battuta detta in modo sommesso, quasi un’amara riflessione tra sé e sé. Una frase che potrebbe essere uno spoiler di proporzioni epiche, se Moffat dimostrerà tutto il suo coraggio nella scena della rigenerazione di Twelve. Un episodio tutto sommato che avrebbe anche potuto essere un po’ più concentrato per fare maggior spazio ai Monaci, e tuttavia una grande performance di un Capaldi che ormai s’è cucito addosso il Dottore.

La Piramide dell’episodio successivo è una chiarissima citazione di Stargate. Abbiamo notato come più e più volte questa serie televisiva ami fare man bassa di situazioni, battute, attimi presi da altre serie televisive e da film. É qualcosa che però bisogna saper fare con grande accuratezza, per non tramutare la puntata in un’accozzaglia di citazioni a caso: Moffat si sta dimostrando un campione in questo senso, regalando agli appassionati e ai conoscitori dei vari generi delle piccole perle sparse nei vari episodi. A parte il secondo appuntamento di Bill rovinato dalle avventure del Doctor – ce la farà la nostra companion, prima o poi, a concludere la serata in maniera tranquilla? –  torna di prepotenza il tema del Doctor quale Presidente del Mondo, di cui le varie nazioni si appellano per fronteggiare un pericolo alieno.

I Monaci sembrano essere imbattibili ed una delle scene che più ho apprezzato è stato quel fascio di fili del futuro, un richiamo alle mitologiche Parche, ma con una spruzzata di tecnologia aliena. Mentre tutti si scervellano per capire come uscire dalla crisi, in un angolo del globo la fine del mondo è già in atto, messa in moto da un banale errore umano.

Ancora una volta la fantascienza entra senza indugio nella realtà odierna e lo fa con un messaggio così semplice da risultare terrificante: non è della tecnologia di cui l’uomo deve aver paura, ma è di se stesso, dei suoi banali errori generati da stanchezza, da una semplice disattenzione, da una leggerezza di troppo.


Troppo banale, dite? Moffat a corto di idee, dite?Un solo nome, per tutti: Chernobyl.
Furono scarso rispetto per le regole – il sistema di raffreddamento del nocciolo radioattivo fu spento per un esperimento, in barba a tutti i principi di sicurezza – e leggerezza nel non saper prevedere le conseguenze, che causarono uno dei più grandi disastri nucleari della storia.
Certo, le azioni in quel laboratorio fittizio sono state ancora più sbagliate e le conseguenze ancora più catastrofiche e probabilmente l’espediente narrativo avrebbe avuto bisogno di maggior cura per una migliore verosimiglianza, ma il messaggio di fondo è arrivato forte e chiaro.
Il Dottore è sul punto di mandare all’aria, in tutti i sensi, il previsto disastro, ma la sua cecità è una barriera che nemmeno la tecnologia del cacciavite sonico può superare. E qui Bill sceglie. Sceglie come aveva imparato a scegliere sul Tamigi ghiacciato, antepone la vi(s)ta del Dottore alla sicurezza del mondo, consapevole che con la sua ultima richiesta – “Dottore, riprenditi il nostro mondo” – che sta mettendo l’intero pianeta nelle sue mani. Meglio un Dottore morto e gli alieni impossibilitati a dominare il pianeta, o gli invasori ed un Doctor di cui si è sicuri della vittoria? Qui possiamo vedere quanto la ragazza tenga a lui, quanta fede abbia in lui, da darlo già per vittorioso.

Il bisogno di essere amati da parte dei Monaci avrà una spiegazione nella puntata successiva, ma anche qui è qualcosa su cui non possiamo non riflettere. Il riferimento qui non è solo ai grandi totalitarismi della storia, ma anche a quei piccoli totalitarismi cui alcune persone scelgono di sottostare nella vita di tutti i giorni. Quanti per amore di qualcuno accettano di chiudersi in gabbie dorate, soprattutto psicologiche?
Il finale di trilogia spicca e spacca.

In un mondo cupo, sotto tutti i punti di vista, dal cielo all’atmosfera generale, l’unica fonte luminosa per Bill è un dialogo immaginario con una madre mai conosciuta, ma amata moltissimo. Il Dottore nel frattempo sembra passato dalla parte dei cattivi, possibile? Per chi conosce la sua regola numero uno è facile intuire la realtà delle cose, ma la sua companion ancora non conosce così a fondo il nostro gallifreyano (a proposito, incredibilmente inquietante in quel messaggi televisivi, non trovate?).

Eppure Bill ci casca con tutte le scarpe… e sapete perché? Perché una parte di lei, e anche noi, in fondo capisce che c’è un briciolo di ragione in quelle parole con cui l’uomo accusa l’umanità.

Il tradimento del Doctor le appare ancora più mostruoso ai suoi occhi perché è vero: gli uomini non imparano mai dai propri errori. Il Dottore continua ad intervenire per salvarli, ancora, ancora ed ancora, eppure intolleranze e fondamentalismi di ogni genere compariranno sempre per mettere gli uni contro gli altri, nazione contro nazione, persone che potrebbero avere tutte le carte in regola per poter vivere in pace ma invece non lo fanno mai.

É una critica sociale feroce, spietata ed estremamente veritiera, soprattutto alla luce degli avvenimenti di questi ultimi giorni: Manchester, Londra, Parigi, Teheran… chi si aggiungerà presto alla lista, mentre nel frattempo altre morti avvengono nel silenzio più totale dei media?
I Monaci hanno “portato pace e sicurezza” – un vero fan di Star Wars non può non essere saltato sulla sedia in quel punto! – in modo peraltro molto simile alla cosiddetta Pax Romana: fecero il deserto e lo chiamarono pace.
Per questo quel colpo di pistola non è altro che il naturale epilogo di una scena già densa di suo.
La mancata rigenerazione? Lo spoiler più telefonato della storia del mondo, ma anche lo spoiler meno spoiler del mondo. Bastava un po’ di sana logica per non cascarci, però, ammettiamolo, lo smarrimento di Bill ci ha fatto pensare che presto la ragazza sarebbe svenuta per tutto il casino accaduto, e come darle torto?
Il finale, la sconfitta dei Monaci, li fa quasi sembrare degli alieni poco aggressivi, che si accontentano di sottomettere un pianeta e quando il legame si spezza se ne vanno via comodamente. Non è infatti quello su cui è necessario concentrarci, ma la modalità in cui vengono battuti.
A parte il richiamo alla scena tra Ten e River – un omaggio splendido, a mio parere – le assonanze terminano lì. Mentre con Clara e la sua foglia c’è un riscontro ancora maggiore, solo che siamo nel caso opposto. Mentre là, agli Anelli di Akhaten, l’intervento di Clara doveva essere letto solo come la classica gocciolina che fa traboccare il vaso, qui Bill è invece decisiva. E non per meriti particolari, ma perché nel sentire la fine si aggrappa a ciò che ama, ed è qualcosa che ai Monaci era sfuggita, dato che il ricordo immaginato della madre non rientrava in nessuna delle loro simulazioni.
Anche qui, non fermiamoci ad osservare il dito che punta la luna, ma mettiamo gli occhi dove è necessario: i sentimenti umani, quelli nobili, quelli puri, come l’amore, possono essere la chiave della sconfitta di ogni gabbia che imprigiona l’umanità. Non riduciamo, però, il tutto alla frase da baci perugina “l’amore è più forte di tutto”, perché non è vero, se ad esso non si accompagna la volontà di proseguire sulla sua strada. Il cerchio si completa, il discorso sull’umanità che continua ad avere bisogno di essere salvata qui trova la sua ragione e la sua soluzione: l’uomo si può salvare da se stesso se fa appello a ciò che lo rende uomo e non mostro, a ciò che lo rende fratello e non nemico. A ciò che costruisce ponti e non barriere.


Per questo il Dottore sceglie Bill, tra sette miliardi di persone, gli stessi miliardi che, a fine episodio, sembrano aver bellamente dimenticato quanto è accaduto loro.
“Sii come Bill”, recita uno dei più celebri meme che girovaga su facebook.
Sii come Bill, ci chiede il Dottore. Non per scherzo e nemmeno per gioco. Ma con un appello accorato, perché altrimenti davvero niente ci potrà salvare da noi stessi.

Chiara Liberti

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