IEO PER LE DONNE 2019: il medico diventi parte della cura

“Le nostre pazienti ci insegnano ogni giorno qualcosa, se le sappiamo ascoltare. La loro forza è il motore della nostra capacità di innovare e ricercare. Gli scorsi anni abbiamo lanciato il messaggio quando una donna si ammala di cancro, il mondo intorno a lei si ferma. Oggi possiamo aggiungere: quando una donna decide di lottare contro la malattia, il mondo intorno a lei accelera”. Così dice Paolo Veronesi, direttore del Programma di Senologia e della Divisione di Senologia Chirurgica dell’Istituto Europeo di Oncologia. È lui a fare gli onori di casa alla giornata IEO per le Donne, svoltasi anche quest’anno a fine maggio al Teatro Manzoni di Milano. Una dodicesima edizione che ha avuto come ospiti speciali Rosanna D’Antona (manager e presidente di Europa Donna Italia) ed Emanuela Fanelli (attrice), mentre come intervistatrici d’eccezione per medici e pazienti c’erano un trio che era tutto un programma ancor prima di aprire bocca: Lella Costa, Serena Dandini e Mara Maionchi.

 

Si è fatto il punto innanzitutto su alcuni traguardi di questi primi 25 anni dello IEO (che si avvia a costruire la terza palazzina nella grande sede di via Ripamonti): la ricostruzione mammaria a disposizione di tutte le donne che la desiderino, spesso fattibile già contestualmente alla mastectomia (è il mio caso) senza ulteriori interventi; lo screening in carcere; gli studi per la decodifica del DNA; la biopsia del linfonodo sentinella in corso di intervento chirurgico, per sapere subito se procedere allo svuotamento ascellare; la diagnostica molecolare, la chirurgia microinvasiva, la radioterapia intraoperatoria (che dimezza il trattamento postoperatorio) o con i raggi mirati che sfruttano le proprietà delle nuove particelle, i farmaci intelligenti o immunoterapici, o quelli tradizionali utilizzati a basse dosi. E ancora: la prevenzione specializzata sui fattori di rischio, l’istituzione del Women Cancer Center per prendersi cura anche del “dopo”, l’attenzione alla qualità della vita delle pazienti…

foto dei dipendenti IEO per i 25 anni dell’Istituto

Un “dopo” che non è solo sopravvivere ma può e deve essere ricco di progettualità. Il direttore scientifico IEO Roberto Orecchia ha parlato infatti come sia nata la “cultura della persona” (parole del Presidente Mattarella durante la visita del maggio scorso per l’anniversario di fondazione), la condivisione con le pazienti del loro vissuto, ma adesso ci si vuol occupare anche del “prima” con la fondazione dell’High Risk Center con specialisti in prevenzione e genetica clinica. “In genere si pensa solo al rischio genetico, mentre in realtà ci sono anche altri fattori di rischio individuale. Oggi siamo in grado di capire il rischio di una certa persona all’interno di una specifica famiglia. E soprattutto sappiamo gestirlo nell’ambito di un programma clinico personalizzato nei vari aspetti (sorveglianza particolare, stile di vita, prevenzione e profilassi) “ spiega il Coordinatore, Bernardo Bonanni.

Perché siamo passati in breve da 32.000 a 53.000 nuovi casi l’anno? Il cancro non è frutto solo di una sfortuna o una predisposizione ma dipende dall’ambiente (o meglio, microambiente), che altera il DNA: “Con ambiente non intendiamo solo il mondo esterno che ci circonda, ma ciò che influenza la vita di una cellula, quindi l’apporto di energia, i microbi con cui conviviamo, il metabolismo, e altri fattori. Recentemente i ricercatori IEO hanno inoltre scoperto che si può far “morire il cancro di fame”, cioè che una dieta ipoglicemica riduce il tumore, nei modelli animali. Fra pochi mesi saranno avviati studi clinici pilota che riguardano alcuni tipi di tumore del seno per dimostrare la risposta molecolare e l’efficacia clinica di un regime alimentare a ridotto apporto glicemico. Già sapevamo del legame fra alimentazione e cancro del seno. Ma ora abbiamo una pista in più” spiega ancora Veronesi.

I medici presenti hanno anche voluto tranquillizzare le pazienti sull’allarme (creato anche… dal “dottor Google”, probabilmente) circa il linfoma anaplastico a grandi cellule, una patologia che può insorgere a seguito dell’impianto delle protesi mammarie: le protesi sono sempre più sicure, non solo, l’incidenza di questo linfoma è minima, e in tutte le pazienti finora trattate il problema si è risolto con l’asportazione della protesi e la ripulitura chirurgica della parte.

L’attrice Emanuela Fanelli ha portato il suo toccante monologo, in onore di sua mamma Carla, “Andrà tutto bene”: esilarante e insieme agghiacciante la carrellata di “pareri” che si ricevono dalle persone quando dici di avere il cancro… c’è il grande ottimista (“Ma vedrai che va tutto bene”) che spesso minimizza (“Ma i capelli poi ricrescono!”), c’è l’aspirante teologo (“Dio ti ha dato questa prova perché hai le spalle larghe”), c’è il professorone mancato (“Adesso ti fai una bella TAC… poi ti fai una bella chemio…”… Bella che???) eccetera. E c’è una donna con tutte le sue paure. E la famiglia attorno. Sono 9 minuti, guardatelo tutto.

 

Un grande contributo lo hanno dato le pazienti, a cominciare dalla prima paziente di quel primo giorno di apertura 25 anni fa, che ha raccontato la chiamata improvvisa, il marito che la dovette lasciare sulla soglia dell’ospedale perché in partenza per una trasferta di lavoro, l’atrio praticamente deserto, l’attesa, e poi gli anni che sono seguiti con le loro gioie e le loro preoccupazioni. C’è la signora più giovane che ringrazia il marito che le è sempre stato vicino, anche quando il tentativo di diventare genitori post-tumore (con l’aiuto della crioconservazione degli ovuli) non è purtroppo andato a buon fine… ma loro sono comunque una famiglia. C’è l’attrice-modella-ballerina che aveva sviluppato il carcinoma dopo un intervento malfatto di chirurgia estetica, e che grazie allo IEO ha riavuto il suo seno ed è tornata al lavoro. C’è tutta una schiera di signore giovani e meno giovani in maglietta rosa, che hanno fondato un’associazione quando un’amica si è ammalata, poi è toccato a un’altra di loro e sono insieme a organizzare eventi benefici e di prevenzione. C’è la signora bionda intervistata dalle tre “terribili” Costa-Dandini-Maionchi che, quando racconta di come prima di lei si fossero ammalate la mamma la nonna e le gatte di casa, si sente apostrofare “Mai preso in considerazione un viaggio a Lourdes?”… Perché IEO per le donne è anche questo, riuscire ad affrontare argomenti importanti con leggerezza e verve, con il coraggio che è proprio delle donne.

C’è chi rammenta come un tempo la diagnosi portasse a una sorta di stigma sociale (come se fosse una colpa avere il cancro…) e come l’atteggiamento del medico fosse “non avere pietà”, cioè applicare la terapia più violenta sopportabile dalla paziente, mentre ora la ricerca punta alle alternative per una terapia ove possibile chemio-free, e ai farmaci di precisione (perché “la chemio è stupida” e colpisce tutto, mentre basterebbe spegnere l’interruttore della malattia), addirittura al farmaco personalizzato, costruito su un determinato profilo biologico… insomma c’è lo sforzo di andare oltre i protocolli standard (ecco perché scelsi di andare allo IEO).

Le pazienti hanno anche raccontato di come si siano sentite accolte, ascoltate, capite (“Hanno capito la mia paura e di cosa avevo bisogno” è la sintesi dei concetti). E i medici hanno parlato di questa “alleanza terapeutica” che significa empatia, ascoltare la paziente, sentire le sue preferenze per scegliere tipo d’intervento e di terapia (confermo per esperienza personale):“Il medico diventi parte della cura”.

Qualche altro concetto da ricordare: “È più facile togliere il cancro dal corpo che dalla mente”. Dunque è necessaria una nuova progettualità, non identificarsi con la malattia, considerare che “il tempo è prezioso, da non sprecare facendo cose che non vuoi”. E se da parte dei medici è giusto dire la verità, tuttavia “Nessuno ha diritto di togliere la speranza” (è nel codice di deontologia medica, N.d.R.).

E infine una pillola di Maionchi-pensiero: “Se vedi il bicchiere mezzo vuoto, travasalo in uno più piccolo”.

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