Il cavaliere elettrico – Sydney Pollack – Recensione

Disclaimer: tutte le immagini usate, quanto il trailer, appartengono a Universal Studios, Columbia Pictures e Wilwood Enterprises.
Sul finire degli anni Settanta il quinto, ormai, collaudato sodalizio artistico tra Sydney Pollack e Robert Redford genera un western sentimentale travestito da “rodeo” movie. Cielo azzurro, atmosfera country e spazi verdi dove risulta ostico camminare a piedi nudi, costituiscono lo scenario in cui quarant’anni fa il cowboy Sonny Steele già sussurrava ai destrieri.

Il cavaliere elettrico si configura come un lungometraggio permeato non solo da sentimentalismi e da qualche guizzo retorico che ne modera il piglio avventuroso, ma anche un film di denuncia in grado di scagliarsi contro il cinismo di una collettività industrializzata, schiava del consumismo.

Non si uccidono così anche i cavalli…

Ancor prima di Costner e del tonno che si taglia con un grissino o del mugnaio Banderas alle prese con Rosita, Sonny diviene il promoter infelice di una ditta di cereali, che decide di contrapporsi al vertice di una piramide costituita da avvoltoi affaristi privi di scrupoli.
Il protagonista prende in mano le redini della situazione al fine di riservare un futuro migliore allo stallone Rising Star, vittima di maltrattamenti. In questa missione, che odora di libertà, ritroviamo Redford nuovamente in coppia con la splendida Jane Fonda (nei panni della conduttrice televisiva Alice Martin), sua compagna d’avventura anche in altre esperienze connesse al grande schermo.

I due, tra l’altro, hanno ricevuto il Leone d’oro alla carriera al Festival di Venezia 2017; per l’occasione la pellicola Pollackiana prodotta dallo stesso Redford è stata proiettata per omaggiare le due star hollywoodiane, protagoniste proprio l’anno scorso del film Netflix Our souls at night, di Ritesh Batra.
L’ultimo adrenalinico ruolo dell’ottantaduenne cineasta statunitense, ossia il criminale Forrest Tucker alle prese con rapine e fughe dalle carceri nel recente film Old Man & the gun (David Lowery, 2018), segna il suo addio definitivo alle scene: un’uscita in grande stile. Quanto malinconica.

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