L’Uomo ed il sogno del Volo – Parte 1

L’Uomo ed il sogno del Volo

Premessa: La Nuova Era

La mattina del 17 Dicembre del 1903 a Kitty Hawk, nella Carolina del Nord due fratelli di nome Wilbur ed Orville Wright con l’aiuto di alcuni assistenti erano occupati a preparare uno strano marchingegno dall’aria fragile.

Era poco più di un grosso traliccio di sottili aste di legno rivestite di tela, apparentemente a malapena in grado di sostenere il proprio peso, con un piccolo motore a benzina montato nel centro e collegato con catene da bicicletta a due eliche; lo strano apparecchio era posizionato alla testa di una rotaia montata sul fianco della Kill Devil Hill.

L’aria era fredda (poco più di 1° sopra lo zero) ed il vento soffiava costante a 30 km/h.

Alle 10:30 locali i preparativi erano terminati.

I due fratelli avevano, giorni prima, tirato a sorte l’ordine con il quale si sarebbero alternati ai comandi della loro macchina; quella mattina era il turno di Orville e fu quindi Orville ad arrampicarsi nel fragile traliccio ed accomodarsi (si fa per dire) nell’ alquanto precaria posizione del pilota.

Alle 10:35, con il motore acceso e le eliche in movimento, Orville sganciò il cavo che tratteneva il velivolo Flyer I al proprio posto. Dopo aver percorso un tratto di rotaia, il Flyer I si alzò in aria restandovi circa 12 secondi e percorrendo 30 metri, per poi posarsi sulla sabbia.

Era il primo vero volo di un aeroplano nella storia umana.

Kitty Hawk, 17 Dicembre 1903, 10:35

Quel giorno i due fratelli compirono altri 3 voli, l’ultimo dei quali durò quasi un minuto con una distanza percorsa di circa 250 metri.

Era solo l’inizio. Meno di 5 anni dopo, l’8 Agosto del 1908, il quotidiano parigino “Le Figaro” commentava entusiasticamente l’esibizione di Wilbur Wright che nel circuito automobilistico di Hunaudières vicino Le Mans aveva dimostrato di poter volare per decine di minuti di fila virando, salendo e scendendo di quota a piacimento.

Un mese dopo Orville Wright a Fort Myer, vicino Georgetown (Washington D.C.), volava per oltre un’ora di fila compiendo una sessantina di giri del grande piazzale d’armi di fronte ad una immensa folla comprendente molti alti ufficiali dell’Esercito degli Stati Uniti.

Proprio a Georgetown era presente tra il pubblico l’artista e scultore Gutzon Borglum, che una ventina di anni dopo avrebbe impresso nel Monte Rushmore le effigi di George Washington, Thomas Jefferson, Theodore Roosevelt ed Abraham Lincoln.

La sera del 10 Settembre 1908, in una lunga lettera ad un amico, commentando lo stupefacente spettacolo cui aveva assistito Borglum scriveva: “[…]Il motore a benzina è asceso nei cieli e l’uomo lo cavalca con le ali protese […] l’Uomo ha messo piede, saldamente e per l’eternità, nel celeste Empireo e vi scivola sopra come se fosse ghiaccio.”.

E ancora, “[Orville Wright] poteva volare dove desiderava, manovrando a volontà. […] Nulla sembrava essergli impossibile”.

E, dopo aver descritto le reazioni della folla entusiasta, concludeva “Dal più anziano al bambino, tutti sembravano certi che questa fosse l’alba di un nuovo giorno”.1

Ed in effetti così era. Già alcuni altri in altre parti del mondo avevano messo in aria le proprie macchine volanti; molti altri si apprestavano a farlo a propria volta.

Presto sarebbe partita una gara tecnologica che avrebbe reso quei fragili e sgraziati tralicci volanti sempre più veloci, resistenti e utilizzabili in compiti sempre più ampi nel trasporto, nell’esplorazione e nella guerra – una corsa che non si è ancora fermata.

In quella manciata di anni all’inizio del 20° secolo era iniziata l’era dell’aviazione ed il mondo, nel bene e nel male, non sarebbe stato più lo stesso.

Ma come si era arrivati a questo?

Il Volo nel Mito Antico

Non sappiamo con esattezza quando gli esseri umani abbiano iniziato a sognare di volare.

Probabilmente molto presto, fin da quando i nostri primitivi antenati hanno alzato per la prima volta la testa ed osservato gli uccelli volteggiare nell’aria.

In tutte le epoche fin dall’antichità quando l’uomo ha voluto raccontare di esseri sovrumani li ha più spesso che no immaginati in grado di librarsi nell’aria; in tutte le mitologie uno dei fondamentali poteri attribuiti agli dei è sempre stato il volo.

Nella mitologia Indù e Sanscrita del Mahabharata per esempio troviamo i vi-mana, descritti talvolta come cocchi volanti e talvolta come palazzi volanti, usati dagli dei per solcare i cieli:

 

Nella mitologia Babilonese il dio Marduk è rappresentato con ampie ali piumate, come pure la sua avversaria Tiamat:

 

Nella mitologia Egizia abbiamo il dio falco Horus:

 

Gli Inca veneravano Quetzalcoatl, il Serpente Piumato dio del vento, dell’aria e della conoscenza:

 

 

Ma è nel mito Greco che troviamo i più mirabili esempi dell’antica fascinazione dell’uomo per il volo.

Hermes, noto anche come Mercurio, porta elmo e calzari alati con i quali viaggia fulmineo per cielo e terra:

Il dio non disdegna di prestare i propri calzari a qualche mortale particolarmente meritevole come Perseo; il giovane eroe usa il potere del volo, tra le altre cose, per salvare Andromeda dall’essere sacrificata al mostro Ceto:

Sempre Perseo nel corso delle sue avventure trova e diventa amico del cavallo alato Pegaso, nato dal sangue della Medusa che Perseo ha da poco ucciso:

Altri cavalli alati trainano lo splendente cocchio di Helios, dio del Sole, nel suo quotidiano solcare i cieli:

Ed in una particolare leggenda il dio concede al suo giovane figlio Fetonte di condurre il carro per un giorno.

Il giovane si dimostra però incapace di controllare le divine cavalcature e grandi disastri ne conseguono.

Il mito Greco quindi ci mostra, oltre al fascino del volo, anche la consapevolezza di quanto pericoloso possa essere.

Su questo aspetto è però particolarmente significativo il mito di Dedalo ed Icaro:

La leggenda è universalmente nota e la riassumo solo brevemente: Dedalo, geniale progettista del Labirinto, viene imprigionato assieme al figlio Icaro nel Labirinto stesso dal re Minosse affinché non possa rivelare a nessuno come entrarvi o uscirne.

Dedalo allora costruisce due paia di ampie ali usando penne tenute assieme con la cera e tenta la fuga con Icaro.

Prima del decollo Dedalo ammonisce il figlio di non volare troppo in alto per evitare che il calore del Sole sciolga la cera.

Ma una volta in volo Icaro, colto da esaltazione e desideroso di spingersi oltre, ignora il monito paterno e sale sempre più di quota – finendo col distruggere le proprie ali e precipitare in mare.

Molto affascinante è il modo in cui Dedalo e Icaro rispecchiano quindi due figure incredibilmente attuali.

Da un lato Dedalo il progettista aeronautico, consapevole delle effettive capacità del velivolo che ha progettato e conservativo nell’indicare al pilota i limiti da non superare; dall’altro Icaro, pilota collaudatore che non accetta di vedersi sbarrata la strada dai limiti del mezzo – vuole superarli e stabilirne di nuovi, andare “più veloce, più in alto e più lontano” anche a rischio della vita.

Non è certo un caso che ancora oggi il simbolo del Reparto Sperimentale di Volo dell’Aeronautica Militare Italiana sia proprio Icaro:

Aeronautica – Reparto Sperimentale – Sito

Potremmo andare avanti a lungo, cercando miti di varie culture ed epoche (basti pensare agli ordini angelici della mitologia cristiana) ma penso che questi pochi esempi bastino a mostrare quanto dicevo: fin dall’antichità l’Uomo ha guardato i cieli, li ha popolati di dei e ha desiderato di ascendervi per guardare il proprio mondo dall’alto.

Questo ricorrere del volo nella mitologia e nella leggenda nonché il fatto che millenni dopo, come vedremo, le prime rudimentali macchine volanti fossero realizzate in legno e stoffa – materiali di cui anche il mondo antico faceva ampio ed abile uso – ha fatto sì che alcuni tra cui ad esempio Richard Bach, scrittore e pilota cacciabombardiere autore tra l’altro de “Il Gabbiano Jonathan Livingston” (Jonathan Livingston libro) e di “Estraneo alla Terra” (Stranger to the Ground – libro), abbiano sostenuto2 che anche gli antichi avrebbero potuto volare e che magari qualcuno ci fosse perfino riuscito, anche se non ce n’è giunta notizia.3

Una nozione affascinante ma improbabile: per ottenere un vero volo occorrono conoscenze di aerodinamica che non sarebbero state disponibili per secoli ancora.

Certo, si potrebbe obiettare, molte invenzioni sono state fatte e perfezionate per mezzo di tentativi falliti e successive correzioni, senza che si fossero compresi i principi fisici che ne stavano alla base.

Questo è verissimo, ma questo approccio mal si applica al volo: una prova fallita di una macchina volante di solito comporta la completa distruzione del prototipo e, più spesso che no, la morte dell’inventore il che impedisce i tentativi successivi.

In assenza di qualsiasi prova l’idea che il volo fosse una realtà nel mondo antico resta una affascinante storia senza fondamento.

Per iniziare ad avere uno studio serio del volo e una prima comprensione dei relativi principi si sarebbe dovuto attendere parecchio, ma di questo parleremo nel prossimo articolo (che trovate qui.)

 

 

1: le citazioni dalle lettere di Gutzon Borglum sono tratte dai “Gutzon Borglum Papers” custoditi nella Biblioteca del Congresso di Washington D.C. (USA), riportate nel libro “Wings – A History of Aviation from Kites to the Space Age” di Tom D. Crouch (Wings – A History of Aviation from Kites to the Space Age) e tradotte dal sottoscritto.

2: Bach in particolare nel suo libro “Un dono d’Ali” (Uno di Ali ) affermò: “I Cartaginesi avrebbero potuto farlo. O gli Etruschi, o gli Egizi. Quattromila anni fa, cinquemila anni fa, avrebbero potuto volare […] era possibile tutti quegli anni addietro […] avrebbe potuto essere fatto.” (citazioni dal capitolo “Gli antichi Egizi un giorno voleranno”, pagine 273-275, tradotte dal sottoscritto)

3: di certo se ne dicevano convinti Peter Kolosimo ed altri esponenti della cosiddetta fanta-archeologia; nei loro testi in cui l’enfasi e l’entusiasmo cercava di sopperire alla scarsa cura per le fonti storiche affermavano senz’ombra di dubbio che non solo popoli antichi come i Nazca del Sud America erano capaci di volare, ma che avevano sviluppato velivoli di gran lunga superiori a quanto in uso oggi. La loro convinzione era tale da contagiare l’ingenuotto qui presente che per un certo periodo della propria giovinezza fu un convintissimo sostenitore delle loro idee. Ci sarebbe in effetti da fare una lunga digressione su Charles Berlitz, Peter Kolosimo e gli altri esponenti di questo fenomeno editoriale ma ciò ci porterebbe fuori tema; magari ne parleremo in un articolo futuro.

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