Trust – Il rapimento Getty – Recensione

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La serie americana Trust-Il rapimento Getty è diretta da Danny Boyle e sceneggiata da Simon Beaufoy. Entrambi, produttori esecutivi della suddetta serie antologica insieme a Christian Colson, hanno all’attivo una precedente collaborazione in occasione della realizzazione del film The Millionaire.
Trust si ispira a fatti realmente accaduti e nello specifico al rapimento di Paul Getty III, nipote del fondatore della compagnia statunitense Getty Oil, Jean Paul Getty. Si tratta, indubbiamente, di una delle vicende che ha segnato la cronaca nera degli anni 70’.

BREVE APPROFONDIMENTO…
Il sequestro ha luogo il 10 luglio 1973 nella romana piazza Farnese per mano della ‘ndrangheta e il prezzo del riscatto ammonta a diciassette milioni di dollari, cifra che il ricco petroliere si rifiuta di pagare onde evitare che altri sequestratori commettessero crimini analoghi. Il caso degenera quando un orecchio e alcune foto del giovane vengono recapitate ai giornali. Cinque mesi dopo il rapimento (il 17 dicembre) Paul viene ritrovato lungo l’autostrada Salerno-Reggio Calabria a seguito del pagamento di un miliardo e settecento milioni di lire.
Le prime immagini, nel bene o nel male, catturano l’attenzione dello spettatore. Da un lato sfarzo e girasoli, dall’altro uccellacci neri e George Franklin Getty II (Filippo Valle), erede dell’impero del magnate, che si suicida con un forchettone.
DONALD SUTHERLAND DOMINA LA SCENA
A dominare la scena, più che altro in termini di presenza, nel primo episodio (La casa dei Getty) è Donald Sutherland nei panni “dell’uomo d’affari più efficiente del mondo” Jean Paul Getty. Il petroliere, astensionista in ambito emozionale e vestito di tutti i suoi vizi lussuriosamente ostentati, ha un rapporto con la moglie Penelope (Anna Chancellor) che potremmo definire più trascendentale che carnale e dispone di un harem di donne pronte a soddisfarlo, seguendo a detta della stessa consorte “arcane usanze mediorientali”. Sembra quasi riecheggiare l’indole felliniana di un Casanova dichiarato. Nota stonata in contrasto con l’ambiente patinato dell’altolocata dinastia Getty è il nipote diciassettenne Jean Paul III, figlio del primogenito Jean Paul Jr, il quale irrompe nella vita del magnate per chiedergli seimila dollari e risanare così i debiti contratti con la malavita romana.

Lo snocciolamento degli accadimenti concernenti le modalità del rapimento, il cui unico testimone sembra essere una statua vivente, la richiesta di riscatto e le indagini, cui sembra interessarsi realmente solo la madre dell’adolescente Gail Getty (Hilary Swank), prosegue per lo più in maniera lineare con le interferenze di flashback tossici nel secondo e terzo episodio (Stella solitaria e La dolce vita); il seguitarsi degli avvenimenti è comunque ammorbidito dalle splendide sequenze urbane e paesaggistiche e da inquadrature che valorizzano la capitale italiana con le sue imponenti cupole. Negli ultimi due episodi (È tutto, gente e Silenzio), legati alla prigionia e alla tentata fuga del sequestrato, il ritmo diviene sempre più incalzante.

LUCA MARINELLI “JOKEREGGIA”…

Si subisce il fascino della contaminazione culturale attraverso un cast costituito da interpreti internazionali, ma anche nostrani: mi riferisco, ad esempio, al “perfetto sconosciuto” Giuseppe Battiston nei panni del malavitoso Bertolini, ma soprattutto a colui che da “principe libero” rapito diviene il sequestratore Primo: Luca Marinelli. C’è, “Jokereggia” e si nota. C’è, altresì, uno strambo miscuglio linguistico dominato da dialetti dal sapor meridionale.
La prima stagione della serie, girata tra Roma e Londra è trasmessa in Italia dal 28 marzo 2018 su Sky Atlantic e ai cinque episodi già andati in onda ne seguiranno altri cinque.

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